E QUINDI USCIMMO A RIVEDER LE STELLE

L’inizio di questo nuovo anno è stato inaugurato, grazie alla nostra Professoressa Federica Turco, con un nuovo percorso di studi, quello della letteratura dantesca. Abbiamo affrontato la biografia di Dante, le opere minori, ma  in particolare modo la nostra attenzione è ricaduta su quello che è il poema più importante e rinomato della nostra cultura: “la Divina Commedia”.

Quest’ultimo, infatti, ha risvegliato in ognuno di noi un grande interesse, e perciò- venuti a conoscenza dell’opportunità di poter visitare la mostra “Inferno” allestita alle Scuderie del Quirinale- abbiamo avanzato la proposta al nostro Preside. 

La scuola e l’intero corpo docente ha accettato con grande ammirazione la nostra iniziativa e perciò venerdì 21 gennaio insieme alle Prof.sse Eleonora Fortunato, Sofia Romeo e Federica Turco abbiamo visitato una straordinaria esposizione infernale, che spazia dalla letteratura alla storia dell’arte e alla storia economica e sociale e che racchiude più di duecento opere.

Il nostro viaggio nel mondo dell’oltretomba inizia nella prima sala della mostra. 

Nel mezzo del cammin di nostra vita  ci ritrovammo di fronte alla straordinaria scultura dell’artista padovano Agostino Fasolato; una vera e propria piramide di sessanta figurine scolpite in un unico pezzo di marmo di Carrara. Al vertice della piramide vi era San Michele, con la spada sguainata e lo scudo legato, che scacciava dai cieli gli angeli ribelli a Dio, e alla base Lucifero la creatura ch’ebbe il bel sembiante.


Alzammo gli occhi e ci trovammo di fronte alla maestosa porta infernale di Auguste Rodin (anche se non eravamo discesi nell’Antinferno come il nostro caro Dante). Calco in gesso della porta originale alta sette metri del Musée Rodin di Parigi, la scultura era rigorosamente decorata con altorilievi. Sul trumeau vi era il modello del celeberrimo Pensatore, sul battente di destra si poteva assistere alla cruda rappresentazione del conte Ugolino, mentre sulla sinistra erano presenti Paolo e Francesca.

 La solennità trasmessa da quell’immensa opera così dettagliata ha suscitato in noi un desiderio talmente grande di emulare il percorso affrontato dal Sommo Poeta, che, varcata la soglia infernale, iniziammo a recitare quelle parole di colore oscuro:

Per me si va ne la città dolente, 

per me si va ne l’etterno dolore, 

per me si va tra la perduta gente. 

Giustizia mosse il mio alto fattore: 

fecemi la divina podestate, 

la somma sapienza e ’l primo amore. 

Dinanzi a me non fuor cose create

se non etterne, e io etterno duro.

Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate

  1. 1-9 Canto III Inferno

Accompagnati dalla parola dantesca finimmo perciò di fronte al nocchier de la livida palude, che ‘ntorno a li occhi avea di fiamme rote. I suoi occhi di bragia, un po’ ci intimorirono, ma vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole e perciò proseguimmo il nostro percorso. 

Di fronte a noi poi, d’improvviso, un magnifico chiaroscuro di Paolo e Francesca. Francesca era amorevolmente sorretta da Paolo e le due figure erano avvolte da una bufera ardente. Entrambi erano stati vittime di quell’ amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende, ma nonostante ciò si tenevano per mano  e parevan sì al vento esser leggeri. Nell’opera di Henri Jean Guillaume Martin, Francesca inoltre sembra rivolgere a Dante queste parole:

Amor, ch’a nullo amato amar perdona,

mi prese del costui piacer sì forte,

che, come vedi, ancor non m’abbandona. 

Amor condusse noi ad una morte.

  1. 103-106 Canto V Inferno

Saliti al piano superiore della mostra, eccoci arrivati in una realtà infernale totalmente diversa dall’eredità dantesca. Ci trovavamo ad ammirare il cosiddetto “Inferno in Terra”. 

Mano a mano le opere si moltiplicavano, ma ciò a cui stavamo assistendo non era un aldilà fatto solo di fiamme, bolge e gironi danteschi, bensì un inferno più tangibile, che noi esseri umani ci siamo creati macchiandoci di atrocità nel corso della storia.

Opere come “Le petit camp à Buchenwald” di Boris Taslitzky, denunciano gli orrori della guerra, il totalitarismo e la crudeltà dello sterminio. Noi uomini siamo artefici delle nostre stesse disgrazie e, attraverso questa diversa interpretazione dell inferno, Jean Clair aumenta la nostra consapevolezza e la nostra sensibilità verso il livello di disumanità che alcuni esseri umani, non degni di essere chiamati tali, possono raggiungere.

Infine al culmine della mostra uscimmo a riveder le stelle. 

Quadri di cieli stellati affioravano su ogni parete e ci trasmettevano un sentimento simbolico di grande speranza. Quella stessa speranza che, in un momento storico così delicato come il nostro, spesso viene a mancare. La pandemia, la reclusione in casa, la lontananza dalla nostra normale e amata vita ci hanno fatto percepire il mondo con una prospettiva completamente diversa. In questi anni abbiamo imparato ad apprezzare le piccole cose e a non dare per scontato quegli aspetti “ordinari” della vita che prima erano a noi impercettibili. 

La fine dell’epidemia ai nostri occhi sembra così lontana, ma noi dobbiamo continuare a nutrire speranza perché riusciremo a riacquisire la nostra dovuta libertà e potremo finalmente tornare a rivedere le stelle.

Lucrezia Cerulli, III B Liceo Classico, Istituto Marymount